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Vecchio 31-10-2014, 10:18
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Suzaku Fan
 
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Predefinito Riferimento: Ano Hana - Ancora non conosciamo il nome del fiore che abbiamo visto que

Me ne sono innamorato (la mia recensione):

Indagare se stessi dopo aver covato per anni i germi del senso di colpa. Lavarsi l’anima grazie alla presenza/assenza di un fantasma ‘per amica’. Fare i conti con destini che si intrecciano quando si è costretti a percorrere il proprio sentiero verso la purificazione, il Nirvana: la presa di coscienza; individuare e credere nella propria strada, ognuna diversa, ognuna riservata; infine l’incrociarsi nuovamente dinanzi all’ultimo ostacolo, quando la catarsi raggiunge il culmine, così come la tensione narrativa e la carica di pathos.

Ano Hana è un capolavoro. Il mio è un giudizio irrazionale, totalmente emotivo, e non suffragato da alcuna verità oggettiva, se non la completa corresponsione tra ciò che volevo da questa opera e ciò che ho effettivamente ricevuto.
Ano Hana doveva farmi riflettere su determinati temi, pur essendo totalmente all’oscuro della sua trama: lo ha fatto. Amore, morte, infanzia, adolescenza, famiglia, ingredienti densi e saporiti sapientemente cucinati in un prodotto di altissimo livello.
Ano Hana doveva strapparmi distillati di romanticismo, quella benvoluta malinconia che affiora nelle lacrime: pur non avendo pianto, lo ha fatto e, in perfetto stile Key Visual, ho potuto approfittare di quel sentimentalismo al limite dello stucchevole, che esigo da queste opere.
Ano Hana doveva tenermi compagnia con una narrazione completa, profonda, sostenuta da un’adeguata animazione e da un comparto sonoro di primissimo livello (musiche e, nel mio caso, doppiaggio italiano): lo ha fatto. Nonostante la lunghezza ridotta dell’arco narrativo, Mari Okada - da me già apprezzata per Toradora e Hanasaku Iroha - ha saputo toccare le corde giuste, creando dialoghi adatti a valorizzare al meglio la qualità dei disegni e delle musiche dell’opera.

Il messaggio finale di Ano Hana è chiaro e, forse, non del tutto originale, seppur estrapolato da una trama non banale e ottimamente strutturata: le chimere affrontate ogni giorno hanno origine nel passato di ognuno di noi. Sono i personaggi di quel racconto che chiudiamo in un cassetto. L’abilità sta nel sapere che esistono perché fanno parte della nostra identità, ma senza distruggerci cercando di inseguirli e rischiando di imboccare la via dell’esistenza nel verso contrario.
Questo mi basta per reputare Ano Hana un capolavoro.

Infine permettetemi una breve digressione metodologica:
Anche in questo caso come in altri aspetti del vivere quotidiano, il giudizio finale è una reazione all’aspettativa iniziale. In poche parole è una questione di approccio. Nella visione di un anime, nella lettura di un manga, ma anche in e per altri aspetti ‘forse’ più seri della vita, l’approccio è la divisa d’ordinanza fondamentale. Non vi è esplosione se vi è solo miccia e polvere da sparo, dopotutto è la mano che compie il gesto dell’accendere. Una mano che esegue un gesto seminato in un flusso di esperienza, per un fine ultimo già fiorito nelle nostre intenzioni. Si approccia qualsiasi opera nella vita, aspettandosi un determinato effetto. Si escludono criteri di valutazione, aspetti della nostra capacità esperienziale, evidenziandone altri poiché confacenti al fine che si vuole ottenere. Ecco perché la nostra capacità di critica non può essere mai neutra, ma influenzata dalla nostra condizione umana. ‘Vorverstandnis’ dunque, per dirla alla tedesca, che nel nostro caso fa rima con ‘l’oggettività non esiste’ come insegna McLuhan nei suoi saggi sulla comunicazione umana.
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