Discussione: Fanfiction: "The Wind"
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Vecchio 11-05-2006, 16:31
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Predefinito Re: Fanfiction: "The Wind"

*THE WIND*



***
Sei assalito dai dubbi. In te regna la confusione, e non sai distinguere l’ieri dal domani. Ascolta il tuo cuore e troverai una guida. Pulsa come un tamburo, romba come le rapide d’inverno. In fondo, suono e silenzio sono inscindibili.
Ascolta.
Ascolta.
Ascolta.
Sangue, non acqua.
Il tuo sangue.
Suzume-no-kumo (1860)
***




Capitolo 1



Più lo osservava e più l’odio e la paura la divoravano.
Il pallore della suo pelle risaltava troppo in quella semi-oscurità, e i capelli candidi incorniciavano, come i petali di una rosa bianca, il volto di Hakudoshi, così liscio.

“Perché mi fissi così, Kagura?”

“E’ stato involontario, non volevo guardare te, stavo solo riflettendo.” Rispose l’altra prontamente, con tono insofferente.

La domatrice dei venti spostò lo sguardo affilato sul suo ventaglio abbandonato a terra, poco più in là, senza smettere di tormentarsi con pensieri che aveva formulato ormai un milione di volte senza prendere mai veramente una decisione.

Doveva scappare.

Doveva riacquistare la sua libertà, ne aveva tutti i diritti, ma come?

Continuava a rimuginarci su, ma ogni volta vedeva delle porte sbarrarsi davanti al suo cammino.
Era chiaro che l’altra parte di Hakudoshi fosse il vero cuore di Naraku, ma non aveva idea di dove potesse trovarsi.
Avrebbe potuto andare a cercarla, ma quel mostro si sarebbe accorto della sua lunga assenza ingiustificata e l’avrebbe rintracciata e, sicuramente, punita.

Perché il suo cuore doveva essere nelle mani di Naraku?

Automaticamente si portò una mano al petto, ripensando al dolore atroce che aveva sentito l’ultima volta che il suo cuore era stato stretto forte e il movimento suscitò un ghigno di Hakudoshi.

“Paura, eh?” disse ironico, accennando alla sua mano. Kagura la tolse subito, afferrando il ventaglio ed alzandosi in piedi.

“E di cosa?”

Fece scorrere lateralmente la porta e mosse qualche passo veloce, ignorando il bambino che le domandava dove stesse andando.

Sapeva che facendo così stava attirando ancora di più i sospetti di quel moccioso, ma non riusciva a sopportare il suo stato di prigionia e tanto meno il dover stare sempre con quel piccolo Naraku. Se solo quello stupido di Kohaku avesse collaborato! Sapeva certamente dove fosse l’altro neonato, ma non voleva dirglielo.
Bè, l’importante era che non la tradisse, spifferando le sue intenzioni a Naraku…

Attraversò con passo lento il giardino del castello, fermandosi solo un momento a guardare i cadaveri di alcuni servitori. Gli umani di quel castello stavano morendo uno dopo l’altro a causa dell’aura maligna che impregnava tutto, ma questo non era importante. Forse avrebbe potuto divertirsi un po’ con quei corpi prima che venissero fatti sparire, ma da un po’ di tempo la danza dei cadaveri, che un a volta la divertiva molto, iniziava a sembrarle di pessimo gusto.
Però era davvero un bella giornata. Se fosse stata libera, forse a quell’ora sarebbe stata in giro per i villaggi, ad uccidere qualcuno a piacimento, o semplicemente a mangiare in una casa accogliente.

Invece era costretta a stare in quel terribile castellaccio, con un marmocchio immortale e spione e con Naraku.
Ma non poteva arrendersi: doveva avere la sua libertà e l’avrebbe avuta.

Entrò in un’altra ala dell’edificio, più deserta e ancora più buia dell’altra.

E se Naraku l’avesse scoperta e uccisa?
Scosse la testa: possibile che dovesse essere sempre così spaventata e dubbiosa?

Passando davanti ad uno specchio appeso alla parete, si fermò di colpo e uno scintillio le attraversò gli occhi sanguigni: forse era già successa quella cosa…
Si slacciò velocemente l’obi (*) e fece scivolare la parte superiore del suo kimono sotto le spalle, poi, febbrilmente, scossa dall’emozione, si girò rivolgendo la schiena allo specchio e con la coda nell’occhio guardò il suo riflesso. Bastò una minima occhiata a sconfortarla nuovamente: il ragno era ancora lì, in mezzo alle sue spalle. Con una smorfia di disgusto cominciò a rivestirsi.
Non sapeva esattamente quando, ma aveva iniziato a sperare che quell’orribile tatuaggio sarebbe scomparso con Naraku, ed immaginava che, in fondo, a quel bambino nascosto non si sa dove, anche se vegliato da Kanna, poteva accadere qualunque cosa senza preavviso.
Magari la stessa Kanna l’avrebbe ucciso…ma questo, forse, era impossibile…



***
Quando attacchi, attendi il momento giusto.
Quando attendi, resta sospeso come il masso sul ciglio di un precipizio profondo mille metri.
Quando arriva il momento giusto, annullati nell’attacco, come il masso che precipita nel vuoto.
Suzume-no-kumo (1344)
***



Indugiò ancora con le iridi vermiglie sul suo volto riflesso nello specchio e assunse varie espressioni arrabbiate, agguerrite e crudeli, e ad ogni sguardo sentiva che delle catene immaginarie si stringevano ai suoi polsi, ferendola.

Kagura fino a quel momento era stata solo una bambola? Si chiese, appoggiando il palmo di una mano sulla liscia superficie riflettente.

Appena la battaglia fosse finita, con esito positivo, avrebbe regnato come figlia di Naraku, oppure sarebbe diventata semplicemente un giocattolo rotto, come Kohaku?
La grande Domatrice dei venti sarebbe stata controllata fino all’ultimo e poi eliminata?
Avrebbe fatto la figura del burattino che non fa più ridere gli sciocchi spettatori?

E se invece la battaglia li avesse visti perdenti? Sconfitti, costretti a sparire tra le ombre?

Le sue labbra carnosi s’incresparono in un sorriso malizioso: i loro nemici erano forti. Inuyasha e i suoi resistevano da un sacco di tempo; c’era anche quel lupastro che forse non andava sottovalutato; Kikyo possedeva quella straordinaria forza spirituale in grado di annientare Naraku e… Sesshomaru… Sesshomaru con la sua Tenseiga aveva dimostrato di essere capace di risolvere la situazione…

Se lei non era una bambola, allora doveva smettere subito di seguire gli ordini del suo burattinaio, doveva prendere il coraggio a due mani.
Le venne in mente un assurdo sentimentalismo umano che aveva sentito durante una delle sue spedizioni. Delle donne si erano dette l’un l’altra di ascoltare il proprio cuore, che è l’unico che può dare una risposta, che può essere una vera guida. Stupidi umani, che assurdità! …E poi lei in quel momento non ce l’aveva neanche il cuore, come avrebbe fatto ad ascoltarlo? Di quello sciocco cuore avrebbe sentito solamente il dolore, nient’altro.

Una scintilla di ribellione le brillò sul volto.
Se doveva morire, non si sarebbe fatta eliminare da Naraku dopo essere salita sul trono per un istante. Se veramente la sua vita era segnata, allora avrebbe esalato il suo ultimo respiro da libera.
Doveva tentare il tutto per tutto.

E come se quell’affermazione, quell’improvvisa determinazione avesse diradato la nebbia intorno alla sua ragione, cominciò veramente a riflettere su un piano, con lucidità e coraggio.

Si sedette sul pavimento e, sventolandosi lievemente con il ventaglio, cercò una scusa per iniziare ad allontanarsi dal castello.
Doveva portare dei frammenti della sfera?
No, innanzitutto non sarebbe riuscita a prenderli, e poi questo l’avrebbe legata ulteriormente a Naraku, o a Inuyasha, che l’avrebbero certamente cercata… si sarebbe basata unicamente sulle sue forze, per quanto esigue.

Quando partire?

Si stuzzicò le labbra con le dita. Doveva aspettare.
Doveva aspettare il novilunio, così Naraku sarebbe stato fuori dai piedi.
Sì, era quello il momento più opportuno, almeno avrebbe avuto un giorno di vantaggio, e se avesse visto i saimyosho li avrebbe uccisi con le sue lame di vento.

Avrebbe detto che sarebbe andata a cercare Kikyo.
Le sembrava un motivo più che valido per essere lasciata, in realtà, libera di scorrazzare alla ricerca dell’altro moccioso.
Avrebbe ucciso il cuore di Naraku e poi sarebbe partita di nuovo, verso un paese lontano, per ricominciare da capo, in totale libertà.


§§§

La notte inoltrata era più luminosa che mai per via della luna piena.
Il vento fresco ristorava i pochi abitanti del castello dalla calura che li aveva attanagliati durante la giornata

In piedi davanti alla finestra, Kagura pregustava già la sua vendetta, la sua fuga, la sua vittoria. E non le importava se poi sarebbe stato tutto vano: era troppo bello immaginare il suo trionfo.
Sentì i passi leggeri di Hakudoshi entrare nella stanza accompagnati da Kohaku, ma non gli diede la possibilità di parlare, domandandogli subito senza voltarsi:

“E’ bella stasera la luna, vero?” mentre un ghigno le si allargava sul volto; ancora pochi giorni e finalmente quell’astro luminoso non avrebbe rischiarato il cielo del castello…

“Non dire assurdità…” l’apostrofò il bambino, ma l’argomento aveva colpito nel segno, infatti quello se ne andò subito per evitare altre smancerie del genere.

§§§

“Io vado.”

“Dove?”

“A cercare Kikyo, dove se no?” Kagura era già salita sulla sua piuma, quando Hakudoshi le lanciò uno sguardo interrogativo.

“Naraku non ti ha certo dato questo incarico…” il piccolo inarcò un sopracciglio che fu in parte coperto dalla frangia di ciocche chiare.

“Non possiamo aspettare ancora! È vero, non ho avuto l’ordine, ma se trovassi Kikyo e riuscissi a portarla da Naraku, lui non potrebbe che esserne felice, non credi?”

“TU trovare Kikyo e portarla qui? Non pensi di essere troppo ottimista?” rise l’altro.

“Sei tu ad essere troppo presuntuoso: io sono sempre la Domatrice dei venti!”

“E’ vero, ma forse è meglio che io venga con te, avanti, andiamo.” E si avvicinò per salire a sua volta sulla piuma, ma Kagura si alzò un po’ scuotendo la testa.

“Meglio di no. Quella dannata sacerdotessa sentirebbe subito la tua aura. Forse la mia si noterebbe di meno, e comunque non penso che lei voglia uccidermi, quindi ho più probabilità di te… Senza contare che Naraku oggi non può rimanere da solo!”

“Va bene” assentì quello, contrariato, dopo un istante di riflessione “ma dove credi di andare? La stiamo cercando da un sacco di tempo e non l’abbiamo ancora trovata, pensi veramente di riuscirci da sola?”

“Non assicuro di riuscirci in breve tempo, ma ho anch’io i miei informatori. Sono sulla pista giusta. Addio.”

Sentì Hakudoshi borbottare qualcosa, ma ormai era troppo lontana per capirlo e presto non l’avrebbe più neppure visto.
Perfetto.
Tutto era andato secondo i suoi piani, anzi, era stato fin troppo facile, forse avrebbe dovuto insospettirsi…
Ma aveva raccontato quel cumulo di menzogne con una serietà disarmante e adesso aveva il via libera.
Naraku si sarebbe accorto presto del suo tradimento, doveva fare molto in fretta, o perlomeno trovare qualcuno che desse il filo da torcere al suo burattinaio… Non poteva contare su Inuyasha perché anche lui era un umano, adesso, ma forse sul lupastro, Koga, o chissà, magari avrebbe veramente incontrato Kikyo lungo la strada che conduceva all’altro neonato…

Mentre faceva le sue congetture, però, doveva decidere dove cercare effettivamente il moccioso. Kanna, ovviamente, non aveva detto minimamente in quale direzione si sarebbe mossa, e lei non aveva tempo da perdere. Pensò che dovesse trovarsi in un luogo disabitato, dove il rischio di essere disturbati era minimo, se non nullo, o forse in un ambiente più freddo, dove Kanna poteva trovarsi più a su agio…

Stava volando tra le nuvole più basse, quando sentì un’aura familiare.
Si guardò un attimo intorno, poi, vicino ad una sorgente, scorse il proprietario dell’aura, insieme ad una bimba e una specie di demone ranocchio: Sesshomaru.

Che piacevole sorpresa, forse poteva fare qualcosa…

Iniziò a scendere osservando il potente demone cane che gli dava le spalle, con i lunghi capelli d’argento al vento, ma senza potersene rendere conto, dopo pochi attimi, lui si voltò e i loro sguardi s’incrociarono.
Un secondo dopo, il demone aveva estratto la sua spada più affilata ed aveva saltato, tagliando in due la piuma di Kagura, che aveva saltato a sua volta, atterrando in equilibrio, ma decisamente colpita dalla prontezza dei riflessi del suo avversario e dall’improvvisa aggressività.

“Sei un po’ nervosetto, Sesshomaru?” disse con un sorriso astuto, avvicinandosi lentamente, come per fare intendere di non cercare la lotta.

“Cosa ci fai qui, Kagura?” la sua voce profonda era segnata dall’irritazione e la lama della spada era alzata in direzione della Domatrice, e non accennava ad abbassarsi

Si fissarono un momento negli occhi senza aggiungere altro, ignorando il trambusto che nel frattempo stavano creando Jaken e Rin, che correva intorno a Kagura strillando a gran voce parole che la donna non ascoltava minimamente.

“Rin, adesso smettila.” Intimò Sesshomaru, senza però rabbia e impazienza.

“Si! Rin la smette!” la bimba si impuntò sui piedi e si fermò vicino a Kagura, portandosi una mano alla fronte, come i militari in sull’attenti. Serrò le labbra con un’aria decisamente seria e per qualche secondo trattenne anche il respiro, come per rendere più autentica la sua affermazione.
Jaken la afferrò spazientito per un braccio e lei si dimenò un poco, ma poi si lasciò portare dietro il demone cane, al sicuro per ogni evenienza.

“Cosa ci fai qui?” domandò di nuovo lui, sempre in guardia.

“Puoi anche abbassare la lama, non ho intenzione di combattere contro di te, mi trovavo solo da queste parti e ho pensato di farti un salutino…” si giustificò l’altra, avvicinandosi ancora con calma.

“E’ difficile da credere, ogni volta che ti ho visto hai portato solo guai. Sentiamo, cosa sta tramando adesso Naraku?”

“Cosa sto tramando io, al massimo…” lasciò Kagura in sospeso, abbassando con la punta delle dita la lama di Sesshomaru e rivolgendogli un sorriso smaliziato. Jaken si lasciò sfuggire un “oh!”.

“Che cosa, signora?” domandò subito Rin, scordandosi di tenere la bocca chiusa, come aveva deciso di fare poco prima.

Kagura inarcò un sopracciglio, irritata:

“Non chiamarmi signora, non sono una vecchia!”

“Non gridare con Rin.” La ammonì il demone cane con un sibilo quasi serpentesco “Allora, che diavolo vuoi? Non ho certo tempo da perdere con te…”

“Stasera sarà il novilunio.” Spiegò.

“Questo lo sapevo anche da solo.” Ribatté aspramente lui.

“Credevo ci saresti arrivato, ma evidentemente hai bisogno che ti dica tutto… dato che Naraku è un mezzo-spettro, stanotte si scomporrà e sarà molto vulnerabile, così, volevo darti un’indicazione, nel caso ti venisse in mente di vendicarti di lui per quanto è successo nella tomba di tuo padre…”

Le labbra di Sesshomaru si allargarono in un ghigno amaro e si voltò, dandole le spalle.

“Ecco cosa volevi… vuoi ancora propormi quel patto, vero? Ma la mia risposta è sempre la stessa: non ho alcun motivo di aiutarti. Se vuoi liberarti di lui, fallo da sola.”

“Sei solamente uno stupido demone arrogante! Non ho certo bisogno di te!” si tolse una piuma dai capelli e la fece ingrandire “spero proprio che Naraku riesca ad ammazzarti prima che io faccia la stessa cosa con lui!” vi salì sopra e, ancora livida di rabbia, mordendosi un labbro, volò via.


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