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Vecchio 08-03-2010, 23:39
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Uomini Geisha
di Francesco Fondi

Non fanno sesso con le clienti, non è permesso. Ma costano migliaia di euro a sera. Riservati alle sole ragazze giapponesi, gli host sono il simbolo di una nuova solitudine

La parola d’ordine per capire Tokyo è una sola: andare oltre il lusso delle vetrine e l’istituzionalità dei locali del quartiere di Ginza. Il Giappone, seconda potenza economica del mondo, famoso per l’industria automobilistica e l’alta tecnologia, ha come industria principale, almeno ufficiosamente, quella del mizu shobai (“commercio dell’acqua”) che potrebbe essere tradotto come “industria del sesso” anche se si tratta di un fenomeno differente. Sul gradino più basso della piramide di questo impero c’è la prostituzione vera e propria, illegale ma diffusa ovunque grazie al rapporto privilegiato che la Yakuza ha saputo instaurare con le forze di polizia. In quartieri come Shinjuku, a Tokyo, è la Yakuza stessa a garantire la sicurezza dei cittadini: un impiegato ubriaco, tipico cliente dei locali “sexy”, dopo aver speso i propri soldi in un club gestito dalla Yakuza può addormentarsi in strada senza temere di essere derubato.


Salendo nella piramide, il sesso diventa sempre meno importante e, via via, passando per gli strip club, si arriva ai kiabakura (hostess club) e agli Host Club dove il sesso non è contemplato ma il giro di soldi aumenta esponenzialmente. Questi club sono talmente integrati nella società giapponese che sono diventati protagonisti di manga, riviste, reality show, sceneggiati tv oltre che di numerosi saggi sul tema. Bazzicare nei club di Roppongi, o di Shinjuku, nella zona di Kabukicho, equivale a leggere il manuale d’amore della società giapponese. I salariman - così chiamano gli impiegati, da queste parti, mutuando la parola inglese - riempiono gli innumerevoli locali per adulti: con 100 euro - un prezzo non troppo alto, rispetto allo stipendio medio - si passa qualche ora a smaltire l’enorme stress da lavoro con una hostess e qualche bicchiere di alcol annacquato. Senza arrivare al sesso vero, però.

Per tradizione, nella maggior parte degli hostess club il rapporto fisico non è assolutamente contemplato. Sempre a Kabukicho c’è l’ultimo indicatore di come, anche nella maschilista società giapponese, qualcosa stia cambiando. I ruoli si sono invertiti, a essere sempre più affaticate e bisognose di affetto sono le donne: e quindi anche la clientela dei locali da maschile diventa femminile. Sono decine gli Host Club appena inaugurati (in tutta Tokyo sono già 250); anche in questo caso le clienti non pagano per fare sesso ma per trascorrere qualche ora di relax in compagnia di giovani uomini - l’età è compresa fra i 18 e i 25 anni - pronti ad ascoltarle e a farle sentire amate.

Il ragazzo giusto, quello “su misura”, si sceglie da un vero menu. Come nel caso delle ragazze dei kiabakura - il nome di questi luoghi dell’intrattenimento senza sesso nasce dalla contrazione tra cabaret e club, e sono, per così dire, gli eredi di quelli in cui si incontravano le geishe - gli host non utilizzano il proprio nome ma uno pseudonimo, generalmente ispirato a un manga, altrettanto spesso a una figura storica giapponese. In questo modo si garantisce l’anonimato e contemporaneamente si aggiungono ulteriori dettagli al mondo di fantasia che spinge le clienti - per lo più trentenni - a spendere anche migliaia di euro per poche ore di fuga dalla realtà: già, perché “affittare” i favori di un uomo, chissà per quale misteriosa ragione, costa molto di più che farlo con una donna.


Nel corso di una serata, i ragazzi si alternano ai vari tavoli, in questo modo le clienti, pur avendo scelto un determinato ragazzo, possono incontrare gli altri e magari cambiare partner la volta successiva. Le preferenze ricevute, per ciascuno di loro, sono ovviamente fondamentali: ogni successo si traduce in un immediato ritocco di retribuzione. La competizione che questo sistema scatena è ovviamente tangibile: ognuno fa di tutto per essere scelto, e non sono rari i casi in cui gli inesperti vengono aggrediti dai propri colleghi. I club per donne sono, forse, l’unico esempio nella società giapponese di un uomo che si pone in condizione di inferiorità rispetto al genere femminile. Nella vita reale non succede mai: per questo, raccontano le clienti, questa è un’esperienza ambita. Strano a dirsi, la maggioranza delle clienti sono proprio le ragazze che lavorano come hostess nei kiabakura che, dopo una serata di lavoro, cercano di liberarsi dallo stress e dalla sensazione di vuoto e solitudine accumulati.

Il resto della clientela è costituito da giovani donne di classe sociale elevata che grazie alla disponibilità economica riescono a trovare quel calore che non vivono nel quotidiano. Sono spesso molto belle e non avrebbero problemi a trovare un fidanzato o un amante nel mondo reale, ma preferiscono rifugiarsi fra le braccia di uno “gigolo platonico” che sa ascoltarle e farle sentire principesse per qualche ora. A sorpresa, solo una piccolissima parte della clientela è costituita da donne sposate (il primo locale di “Uomini geisha” è stato aperto nel 1966, per le mogli dei facoltosi uomini d’affari) che grazie alla ricchezza del proprio marito, sempre assente e mai pronto a concedere attenzione, possono permettersi di spendere anche cinque o diecimila euro per una serata “speciale” in cui sentirsi nuovamente amate.
A differenza delle loro colleghe, gli host non hanno uno stipendio fisso cui si aggiungono i vari bonus, ma guadagnano solo grazie alle commissioni sulle vendite di alcolici che le clienti ordinano. Queste ultime bevono poco (specialmente le hostess che hanno appena finito di lavorare nel proprio club) e per questo i ragazzi bevono molto per aumentare le ordinazioni.

Considerando che un host club apre intorno alle 8 di sera, chiude verso le 7 o le 8 di mattina ed è aperto 6 giorni su 7, è facile capire che dopo pochi anni di questa vita questi ragazzi si devono ritirare per problemi di salute (le hostess invece normalmente cambiano lavoro perchè hanno accumulato una certa somma di denaro o perché hanno superato i 30 anni e desiderano tornare a una vita più regolare, magari sposarsi). Quando una ragazza ordina una bottiglia inizia lo “Champagne call”: tutti i ragazzi dei locali si riuniscono intorno al tavolo per ringraziarla dell’ordine e, in alcuni casi, cantare una canzone prima di bere.

Il costo? Circa 400 euro che possono diventare 10mila per una bottiglia d’annata. Se gli hostess club sono una celebrazione collettiva della mascolinità, gli host club sono una prova dell’evidente incapacità dell’uomo medio giapponese di rispondere alle esigenze della propria compagna con la stessa prontezza e disponibilità con cui risponde a quelle della ditta presso cui lavora. La stessa che magari paga il conto dell’hostess club che lui frequenta la sera.

Fonte: http://dweb.repubblica.it/dettaglio/uomini-geisha/36424
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  #2  
Vecchio 09-03-2010, 14:24
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nei drama c'è spesso la tappa all'host club un esempio è 1 pound gospel, dove la suora viene "fragata" ordinando la costosa bottiglia!!
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  #3  
Vecchio 09-03-2010, 14:25
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Allora esistono vermente questi locali in cui si cerca solo la compagnia?! ed io che pensavo fossero solo un invenzione di drama, anime e manga!
Cmq l'articolo è molto interessante. In particolare mi ha colpito:
- l'accordo tra Yakuza e polizia...certo che i giapponesi sanno essere molto pratici a volte!
- il sesso come ultimo gradino di questa ipotetica piramide; in Italia sarebbe il contrario!Tuttavia questa ricerca di compagnia, di attenzione e di comprensione è sintomatico di una società che, a quanto pare, dà poco spazio al singolo individuo, alle sue esigenze e ai rapporti interpersonali.
- è davvero triste pensare che delle giovani donne, belle e in carriera debbano pagare cifre esorbitanti per trovare compagnia maschile ed essere trattate da principesse! E' una sconfitta tanto per le donne quanto per gli uomini....io, per orgoglio, non mi abbasserei mai a pagare un'altra persona per farmi trattare bene!
Secondo me i giapponesi dovrebbero pensare un po' meno al dovere e al lavoro per ritagliarsi un po' più di tempo per se stessi e per coltivare i rapporti con gli altri!
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  #4  
Vecchio 09-03-2010, 15:30
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certo che esistono!
anche in city hunter si vedono spesso! Ryo poi frequenta spesso quelli femminili!
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  #5  
Vecchio 09-03-2010, 18:16
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Concordo con Melly: è triste che donne che possono avere successo in amore decidano di farsi coccolare (pagando) per sentirsi principesse per una notte.
Oltre a essere una sconfitta per donne e uomini mi sembra anche immaturità da parte delle donne, che invece di darsi da fare nella vita reale preferiscono spendere per vivere l'illusione di essere amate.
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  #6  
Vecchio 09-03-2010, 20:19
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In generale il fenomeno della prostituzione è triste, nel senso che sia un uomo o una donna vanno a cercare un qualche cosa che non trovano nella sua compagna o negli altri uomini o donne.
Questi rapporti illeciti yakuza/polizia, ci sono anche da noi, altrimenti non vedremmo più ragazze di facili costumi nelle nostre strade.
..Certo che come lavoro potrebbe essere interessante
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  #7  
Vecchio 09-03-2010, 23:03
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certo che esistono!
anche in city hunter si vedono spesso! Ryo poi frequenta spesso quelli femminili!
no, ma io pensavo che non fossero locali in cui si cercasse solo compagnia ma si facesse "dell'altro" che non veniva però direttamente esplicitato nei drama/manga/anime ma lasciato solo intendere con la ricerca della compgnia appunto!...non so se sono riuscita a farmi capire...
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  #8  
Vecchio 10-03-2010, 03:09
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Secondo me i giapponesi vivono un profondo dramma sociale... si capisce guardando i drama: i giapponesi sono quasi del tutto privi di relazioni umane...

Non è che sono "privi" nel senso di essere dei robot... ma nel senso di avere vere e proprie difficoltà ad instaurare rapporti umani (con l'altro sesso)... in poche parole: si fanno troppe pippe mentali! Altro che film...

Ciò avviene sicuramente per molteplici motivi (culturali, psicologici, ecc.)... ma ci tengo a sottolineare che io non sono un sociologo per affermarlo o approfondirlo... mi limito solamente a formulare un'ipotesi usando la logica... ipotesi che resta "aperta" e può essere confutata...

Da quello che ho visto/si vede nei drama (che per quanto romanzati, rappresentano comunque uno spaccato della società del sol levante) i giapponesi evitano contatti fisici... anche solo il prendersi per mano appare fuori dal comune... tra due innamorati addirittura fa scalpore baciarsi in pubblico... non parliamo poi del "chiamarsi per nome"... farlo, senza un certo grado di intimità tra due persone, diventa quasi una bestemmia! Non è concepibile chiamare qualcun'altro per nome, se non attraverso vari e simpatici soprannomi, abbreviazioni, suffissi, ecc...!!

Gli appuntamenti al buio, gli appuntamenti di coppie... e i matrimoni combinati... sono un esempio del fatto che i jappi hanno problemi di relazione...

Gli uomini si sentono falliti subito dopo aver raggiunto l'età adulta (che per i jappi corrisponde ai 20 anni)... non che prima appaiano molto sicuri di sé... tra loro soffrono di questo male soprattutto i salariman, che sono oppressi dal lavoro, dallo stress quotidiano, ecc.

Le donne... che pensano poi solamente alla carriera... finiscono un giorno per svegliarsi dall'illusione e si accorgono che a 30 anni non hanno famiglia, figli... nemmeno l'ombra di un uomo... e vivono con l'ansia di trovare marito...

Ed è per questo motivo (NON di trovare marito, ma di "avere" l'illusione di una relazione)... che ricorrono a questi host-club...

Non tanto per il piacere di avere la compagnia di una ragazza o un ragazzo giovane... ma tanto per avere qualcuno che ascolta i loro problemi della giornata, della vita, ecc... una valvola di sfogo!

Più o meno... queste sono le mie considerazioni personali o, chiamateli pure se volete, vaneggiamenti notturni...

Grazie per l'attenzione!

Ps. Anche nel drama Jotei si parla di host-club...

Ultima modifica di finalvjn : 10-03-2010 alle ore 03:12.
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  #9  
Vecchio 10-03-2010, 11:21
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Articolo molto interessante, grazie!

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Non è che sono "privi" nel senso di essere dei robot... ma nel senso di avere vere e proprie difficoltà ad instaurare rapporti umani (con l'altro sesso)... in poche parole: si fanno troppe pippe mentali! Altro che film...
Sono d'accordo con il fatto che siano mentalmente molto rigidi, c'è una distinzione nettissima -praticamente invalicabile- tra sfera privata e pubblica che a sua volta si suddivide in sfera lavorativa/sfera sociale che crea non poche difficoltà, secondo me

Da quello che ho visto/si vede nei drama (che per quanto romanzati, rappresentano comunque uno spaccato della società del sol levante) i giapponesi evitano contatti fisici... anche solo il prendersi per mano appare fuori dal comune... tra due innamorati addirittura fa scalpore baciarsi in pubblico... non parliamo poi del "chiamarsi per nome"... farlo, senza un certo grado di intimità tra due persone, diventa quasi una bestemmia! Non è concepibile chiamare qualcun'altro per nome, se non attraverso vari e simpatici soprannomi, abbreviazioni, suffissi, ecc...!!
Sull'evitare effusioni in pubblico, secondo me è soprattutto per una questione di educazione (e anche in Occidente spesso bisognerebbe darsi una regolata! Un conto è un bacio, un abbraccio, ma in giro si vedono le peggio cose! ), mentre sul "mantenere le distanze" con mille accorgimenti tipo l'uso del cognome o della particella onorifica pure dopo il matrimonio si va proprio a finire nella tradizione millenaria: è un po' triste, ma temo sia mooolto difficile da appianare!

Le donne... che pensano poi solamente alla carriera... finiscono un giorno per svegliarsi dall'illusione e si accorgono che a 30 anni non hanno famiglia, figli... nemmeno l'ombra di un uomo... e vivono con l'ansia di trovare marito...
Mmm, questo non è proprio così, anzi, è vero il contrario: in Giappone di donne che pensano di farsi una carriera sono ancora troppo poche! In linea di massima la donna giapponese viene "educata" a impegnarsi sì negli studi, ma a trovarsi il prima possibile un marito e mettere su famiglia (entro i 30 anni, dopo diventano "materiale scaduto", per questo c'è tanta frenesia) e se lavorano già spesso dopo il matrimonio è buona usanza che la moglie smetta di lavorare. Ma secondo me è abbastanza inevitabile che una donna che abbandona la sfera pubblica per richiudersi esclusivamente nella sfera privata dopo le nozze perchè "è tradizione" finisca per sentirsi frustrata -soprattutto poi se l'uomo deve mantenere un regime di o lavoro o morte per non essere considerato un rifiuto della società.
Secondo è molto positivo che invece al giorno d'oggi sempre più donne non accantonino il lavoro, ma così, sempre per via di questa idea tarlata che se una donna non è sistemata subito allora è da buttar via, finiscono poi per avere difficoltà a farsi una famiglia.
Nel corso degli anni penso che la situazione stia migliorando, ma di strada da fare ce n'è ancora tanta!

Comunque sono d'accordo con voi, sul fatto che sia veramente triste dover ricorrere ad una valvola di sfogo del genere, sia per le donne sia per gli uomini.


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Allora esistono vermente questi locali in cui si cerca solo la compagnia?! ed io che pensavo fossero solo un invenzione di drama, anime e manga!
appena ho messo piede a Shinjuku, non vi dico cosa non ho visto! OVUNQUE i "menù" con gli host erano appesi! Cartelloni di dimensioni incredibli! Mentre li fotografavo la gente attorno a me rideva, forse pensando che non avevo idea di cosa stessi guardando

Ultima modifica di Chiaretta : 10-03-2010 alle ore 17:29.
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Vecchio 10-03-2010, 15:14
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Sull'evitare effusioni in pubblico, secondo me è soprattutto per una questione di educazione (e anche in Occidente spesso bisognerebbe darsi una regolata! Un conto è un bacio, un abbraccio, ma in giro si vedono le peggio cose! )
Su questo concordo pienamente, ma credo sia anche una questione di cultura. Mi rifaccio alla Keiko Ichiguchi (sta donna è un vulcano di notizie): una volta capitò davanti a un Bancomat (in Italia) dove due fidanzatini si stavano sbaciucchiando e rimase basita perché si vergognava per loro! La Keiko aggiungeva che era tutta colpa della cultura giapponese...
Mmm, questo non è proprio così, anzi, è vero il contrario: in Giappone di donne che pensano di farsi una carriera sono ancora troppo poche! In linea di massima la donna giapponese viene "educata" a impegnarsi sì negli studi, ma a trovarsi il prima possibile un marito e mettere su famiglia (entro i 30 anni, dopo diventano "materiale scaduto", per questo c'è tanta frenesia) e se lavorano già spesso dopo il matrimonio è buona usanza che la moglie smetta di lavorare. Ma secondo me è abbastanza inevitabile che una donna che abbandona la sfera pubblica per richiudersi esclusivamente nella sfera privata dopo le nozze perchè "è tradizione" finisca per sentirsi frustrata -soprattutto poi se l'uomo deve mantenere un regime di o lavoro o morte per non essere considerato un rifiuto della società.
Concordo anche su questo, e aggiungo un particolare: alcuni maschilisti giapponesi hanno coniato il nome "sindrome della torta di Natale". Come una torta di Natale va bene venduta il 24, il 25 ancora un po' e il 26 è da buttare, così la donna. A 24 anni è perfetta per essere sposata, a 25 accettabile, a 26 non la prende più nessuno.

Meno male che sono nata in Italia...
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